Geofisica Applicata

La geofisica applicata costituisce una disciplina scientifica che si è sviluppata per fornire, attraverso metodi indiretti, risposte quantitative riguardo allo stato ed alla natura del sottosuolo ed interpretare le caratteristiche di ampie porzioni di terreno sulla base dello studio della variazione spaziale e temporale delle sue proprietà fisiche.

I metodi impiegati possono essere classificati in due grandi famiglie: i metodi diretti, che impiegano campi di forza artificialmente indotti e metodi indiretti, che sfruttano i campi di forza naturalmente esistenti, quali ad esempio il campo magnetico terrestre ed il campo gravitazionale.

La società Terra ha sviluppato il proprio settore di Geofisica Applicata ed è in grado di affrontare tutti gli aspetti di questa disciplina:

Metodo geoelettrico

Il termine Geoelettrica si riferisce ad un insieme di tecniche di prospezione del sottosuolo la cui finalità è descrivere le porzioni più superficiali del terreno da un punto di vista della loro resistività. Tale parametro è funzione della natura litologica e chimica del terreno, e ottenere dei profili di resistività con la profondità, può fornire preziose informazioni riguardo la stratigrafia del terreno, la presenza di falde acquifere o di oggetti sepolti.

Considerati nel loro insieme, i metodi geoelettrici comprendono tecniche attive, in cui viene realizzato un campo elettrico artificiale per indagare le variazioni spaziali della resistività, e altre passive dove si utilizzano campi naturalmente esistenti. Le principali metodoligie di indagine geoelettrica da noi effettuate sono elencate di seguito.

Metodo geoelettrico tradizionale

Nota comunemente con il termine Geoelettrica si tratta di un metodo attivo che prevede l’impiego di due elettrodi di corrente (“A” e “B”), utilizzati per originare nel terreno un campo elettrico di intensità nota, e di due elettrodi di potenziale (“M” e “N”), utilizzati per misurare la differenza di potenziale generata dal campo elettrico. Effettuando così diverse misure, con gli elettrodi posizionati a distanze via via crescenti tra loro, è possibile ottenere un andamento della resistività con la profondità. Il metodo si presta ottimamente alla definizione della geometria della superficie freatica ed alla determinazione dell’estensione di plumes di materiali inquinanti, tali da generare un contrasto di resistività rispetto al materiale incassante.

Tomografia elettrica

Tale metodo rappresenta l’evoluzione della geoelettrica tradizionale. In questo caso vengono utilizzati, invece che solamente 4 elettrodi, un numero molto più elevato di elettrodi (in genere 48) disposti sul terreno e tutti simultaneamente collegati al georesistivimetro. Questo sistema permette così l’acquisizione automatizzata della resistività apparente da ogni quaterna possibile di elettrodi, secondo uno schema di acquisizione prestabilito. In questo modo è possibile ottenere una notevole mole di valori di resistività, che dopo una serie di processi di inversione dei dati, vengono plottati in un grafico XZ, dove i punti di eguale resistività apparente vengono collegati da delle curve dette isoresistive.

Potenziali Indotti

Si tratta di un metodo attivo comunemente impiegato in congiunzione con la geoelettrica. Questo metodo impiega la misura della variazione a breve termine del potenziale all’applicazione e rimozione della corrente applicata al terreno. Si osserva che quando una corrente viene immessa nel terreno questo si comporta indicativamente come un condensatore immagazzinando una certa carica. Lo studio di questo comportamento permette di desumere la presenza di argilla od elementi metallici conduttivi, di cui eventualmente può essere composto l’incassante.

Potenziali Spontanei

Si tratta di un metodo passivo che studia la naturale presenza di potenziali elettrici comunemente associate a depositi minerali (generalmente conduttivi). La principale caratteristica di questo metodo è la semplicità di misura: è infatti necessario un voltmetro (ad altissima impedenza) ed un meccanismo per garantire un buon accoppiamento tra elettrodo e terreno.

Sismologia applicata

I metodi sismici sono tra i metodi geofisici più diffusi per indagare il sottosuolo. Essi si basano sullo studio della propagazione delle onde sismiche nel sottosuolo, e da tale analisi sarà possibile ricavare informazioni riguardo la stratigrafia del terreno, l’andamento degli strati che compongono il sottosuolo, e i parametri elastici del mezzo attraversato come ad esempio la velocità delle onde di compressione (onde P) e delle onde di taglio (onde S).

Le tipologie di indagine che Terra S.r.l. svolge regolarmente con la strumentazione a nostra disposizione sono le seguenti:

Sismica a rifrazione in Onde P e S

È il metodo sismico più diffuso e che restituisce una stima della stratigrafia dei primi metri di profondità, fornendo informazioni sull’andamento degli strati e attribuendo loro un valore di velocità di propagazione delle onde sismiche. Il metodo consiste nel posizionare in superficie un allineamento di ricevitori (detti geofoni) equispaziati tra loro, e di far loro registrare le onde sismiche generate da una sorgente artificiale posta in superficie (in genere si impiega una massa battente o cariche esplosive). Una volta ottenute le tracce sismiche relative all’energizzazione, si misurano i tempi di arrivo delle onde sismiche ai vari ricevitori, e sulla base di tali valori, dopo una serie di elaborazioni matematiche sarà possibile ricostruire la stratigrafia del terreno. Maggiore è il numero dei punti in cui si energizza e maggiore sarà il dettaglio ottenuto. L’indagine, a seconda del tipo di energizzazione, può essere condotta in onde P o in onde S.

Tomografia sismica

Qualora il numero delle energizzazioni effettuate in superficie col metodo sismico a rifrazione fosse sufficientemente elevato (più di sette colpi per allineamento), si verranno così ad ottenere una mole di dati tali da consentire l’elaborazione di una tomografia sismica, ovvero una sezione relativa alla distribuzione dettagliata della velocità delle onde sismiche nel sottosuolo. Tale tomografia è generalmente costituita da una sezione a colori, dove ogni colore corrisponde a un determinato valore di Vp o di Vs (a seconda del tipo di energizzazione).

MASW (Multichannel Analysis of Surface Waves)

Si tratta di un metodo sismico attivo che, mediante l’analisi delle onde superficiali prodotte da una sorgente superficiale, individua il profilo di velocità delle onde di taglio con la profondità. Le onde superficiali (o onde di Rayleigh) vengono registrate da una serie di geofoni disposti lungo una linea in superficie, e poi analizzate nel dominio delle frequenze mediante doppia trasformata di Fourier. Da questa analisi viene poi ricavata una curva di dispersione sperimentale, che verrà poi utilizzata per ricavare il profilo monodimensionale delle Vs con la profondità. La tecnica MASW è veloce ed economica per stimare il parametro Vs30, necessario ai fini normativi.

Sismica in Foro

Terra S.r.l. oltre alla strumentazione per la sismica in superficie dispone anche di tutta l’attrezzatura necessaria per l’esecuzione di prove sismiche in foro, in particolare di:

  • Prove DownHole: per effettuare tali prove si cala un ricevitore apposito all’interno di un foro di sondaggio preventivamente cementificato, ed energizzando in superficie (sia in onde P che in onde S) si misurano i tempi di arrivo delle onde sismiche al ricevitore. Una volta terminata tale operazione si cala il ricevitore di un ulteriore metro di profondità all’interno del foro e si ripete il tutto. L’operazione va eseguita per tutta la lunghezza del foro, e attraverso tali misurazioni sarà così possibile ottenere il profilo delle onde P ed S con la profondità. Rispetto alla tecnica MASW, il profilo di Vs ricavato con la prova Downhole risulta molto più preciso, in quanto si basa sulla misura diretta dei tempi di arrivo delle onde di taglio al ricevitore.

  • Prova Uphole: Simile alla prova DownHole ma con i ricevitori posizionati in superficie mentre l’energizzazione avviene in foro per mezzo di un apposito martello da foro o fucile sismico.

  • Prova Crosshole: Per effettuare tale prova occorrono almeno due fori di sondaggio sufficientemente vicini tra loro (tra i 5 e i 10 m). La prova tradizionale consiste nel calare progressivamente il ricevitore in uno dei due fori, ed energizzare dall’altro, posizionando il sistema energizzante alla medesima quota a cui è stato posizionato il ricevitore. Un metodo più moderno e più dettagliato per eseguire tale prova, consiste nell’esecuzione della tomografia sismica dell’area compresa tra i due fori. Per eseguire tale prova si cala in uno dei due fori (preventivamente riempito d’acqua) una catena di idrofoni, mentre nell’altro si posiziona la sorgente. Energizzando così ad ogni metro di profondità, sarà possibile disporre di una notevole mole di dati che verranno poi impiegati per la realizzazione della tomografia sismica dell’area sottesa tra i due fori.

Georadar

Il Georadar, noto anche come GPR (Ground Probing Radar) è uno strumento geofisico non invasivo impiegato per indagare i primi metri di profondità ed è basato sulla riflessione delle onde elettromagnetiche in profondità, con frequenza nota e compresa tra i 20 e 3000 MHz.

Lo strumento consiste in due antenne, una trasmittente e un’altra ricevente. Il segnale (a frequenza nota) viene emesso in profondità dall’antenna trasmittente, mentre l’antenna ricevente registra la componente di tale segnale riflessa da eventuali oggetti sepolti o discontinuità. Il georadar è ampiamente usato in campi come l’archeologia, la ricerca di sottoservizi (tubazioni, cisterne, cunicoli ecc…) e l’individuazione di accumuli d’acqua o di vuoti.

Per comprendere le potenzialità dei metodi geofisici, proponiamo alcuni esempi applicativi che concernono le seguenti categorie:

Discarica

Pagina in fase di costruzione

Versante in frana

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Strutture

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Ricerca sottoservizi

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Caratterizzazione sismica locale

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